
Soir Bleu, 1914, Olio su tela
Nato nel 1882 Eward Hopper è considerato il massimo esponente del realismo americano. Incoraggiato all’arte sin da bambino si iscrisse alla New York School of Art per trasferirsi poi a Parigi per conoscerne le avanguardie artistiche.
Le sue opere ritraggono la vita e l’esperienza americana nel quotidiano: dai distributori di benzina alle strade silenziose, stanze di motel o di uffici, scorci illuminati da lampioni o luci al neon, case assolate della campagna americana creano atmosfere surreali e a volte quasi metafisiche.
Per la seconda volta Hopper ritorna a Roma, questa volta al Complesso del Vittoriano fino al 12 febbraio, in un una mostra realizzata da Arthemisia Group e curata da Barbara Haskell del Whitney Museum of American Art, in collaborazione con Luca Beatrice, che ne racconta tutto il percorso artistico.
60 opere realizzate tra il 1902 e il 1960 distribuite in sei sezioni: dalle opere del periodo accademico dell’esperienza parigina a capolavori come Night Shadows(1921) ed Evening Wind(1921). Molte delle opere sono state prestate eccezionalmente dal Whitney Museum di New York come Le Bistro or The Wine Shop(1909), Summer Interior (1909), New York Interior(1921), South Carolina Morning (1955) e Second Story Sunlight (1960). Prestito eccezionale è il particolare olio su tela Soir Bleu, opera del 1914 che all’epoca non fu accolta positivamente dalla critica e successivamente rivalutata.
Nella mostra allestita nell’ala Brasini del Vittoriano è presentato anche un importante gruppo di disegni preparatori come Study for Gas (1940), Study for Girlie Show (1941), Study for Summertime (1943), Study for Pennsylvania Coal Town (1947). Ed una sezione dedicata all’influenza che Hopper ebbe sul cinema e viceversa.
Il senso di solitudine, i silenzi, le strade deserte, le atmosfere noir dei quadri di Hopper sono stati fonti di ispirazione per numerosi registi. Opere come House by the Railroad ispirarono il regista Alfred Hitchcock nell’immaginare il famoso “Bates Hotel” dove è ambientato il suo capolavoro “Psycho”. Oppure la sua opera più famosa, Nighthawks del 1942 (non presente in mostra) ispirò il regista Wim Wenders, in The end of violence.
Influenzato dal cinema Hopper influenzò il cinema a sua volta, anche se come egli stesso dichiarò la sua intenzione non era raccontare storie attraverso i suoi quadri e l’unica fonte d’ispirazione mai avuta è stata se stesso.
Dopo aver visto la mostra, date un’occhiata al film “Shirley: Vision of Reality”, di Gustav Deutsch, in cui tredici dipinti di Hopper vengono letteralmente trasferiti sulla pellicola.

Secondo piano al sole, 1960 – Olio su tela

Il faro a Two Lights, 1927- Acquerello e grafite su carta
Nunzia Castravelli
Info:
Edward Hopper
Complesso del Vittoriano
Via di San Pietro in Carcere – Roma
1 ottobre 2016 – 12 febbraio 2017
www.ilvittoriano.com