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Margaret Bourke-White: prima, donna.

Pioniera dell’informazione e dell’immagine, Margaret Bourke-White ha esplorato ogni aspetto della fotografia: dalle prime immagini dedicate al mondo dell’industria, ai progetti corporate, fino ai grandi reportage per le testate più importanti come Fortune e Life; dalle cronache del secondo conflitto mondiale, ai celebri ritratti di Stalin e di Gandhi, dal Sud Africa dell’apartheid, all’America dei conflitti razziali fino al brivido delle visioni aeree del continente americano.

Margaret Bourke-White fu la prima fotografa straniera ad avere il permesso di scattare foto in URSS, la prima donna fotografa per il settimanale Life e la prima fotografa americana al fronte.

Con una selezione inedita di oltre cento fotografie, Prima, donna in mostra al Museo di Roma in Trastevere ne celebra la soprendente carriera fatta di molti primati e di tanto coraggio. Le foto, provenienti dall’archivio Life di New York, sono divise in 11 gruppi tematici. Da L’incanto delle acciaierie a LIFE, dedicata alla lunga collaborazione con la leggendaria rivista americana; a Nei Campi, dove vi è testimoniato l’orrore al momento della liberazione del Campo di concentramento di Buchenwald (1945) alle immagini aeree della sezione In alto e a casa.

Attraverso questa bellissima mostra si entra nella storia di Margaret Bourke-White, perchè è proprio attraverso i sui scatti che riesce a raccontare indirettamente la sua vita coraggiosa: una storia di emancipazione femminile in un’epoca in cui le donne facevano fatica ad affermarsi, in qualsiasi settore e soprattutto nella fotografia.

La sua è anche una storia di tenacia e forte volontà che non l’ha mai abbandonata, neanche quando nel ’53 le venne diagnosticato la malattia di Parkinson. Questa parte della sua vita è documentata ne La mia misteriosa malattia, sezione che chiude la mostra.

Un viaggio da fare.

Nunzia Castravelli

Cultartdict.com

AFGHANISTAN

La storia degli ultimi 170 anni  di uno dei paesi più controversi del mondo è andata in scena al Teatro Argentina dal 17 al 21 ottobre.  Si tratta di un’epopea teatrale ed un affresco straordinario sul difficile rapporto tra l’Afghanistan e l’Occidente, dal 1842 al 1996.  Una saga teatrale divisa in due racconti “Il grande gioco” e “Enduring Freedom” e diretta da Ferdinando Bruni e Elio De Capitani che racconta un paese stravolto da egemonie coloniali di estrazioni opposte come quella britannica prima e quella sovietica dopo, fino alla dittatura dei Talebani.

«Il grande gioco» comprende: «Trombe alle porte di jalalabad» di Stephen Jeffreys, «La linea di Durand» di Ron Hutchinson, «Questo è il momento» di Joy Wilkinson, «Legna per il fuoco« di Lee Blessing, «Minigonne di Kabul» di David Greig. Mentre «Enduring Freedom» comprende: «Il leone di Kabul» di Colin Teevan, «Miele» di Ben Ockert, «Dalla parte degli angeli» di Richard Bean, «Volta stellata» di Simon Stephens, «Come se quel freddo» di Naomi Wallace.

Questo meraviglioso esperimento di drammaturgia contemporanea si basa sulla coesistenza di parti recitate e video che documentano anni di cronaca, raccontando gli errori della politica nazionale afgana e della diplomazia internazionale.   Gli attori:  Claudia Coli, Michele Costabile, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Fabrizio Matteini, Michele Radice, Emilia Scarpati Fanetti, Massimo Somaglino, Hossein Taheri e Giulia Viana ci portano in una regione che con la sua complicata storia riesce a farci comprendere ciò che sta accadendo oggi nel mondo.

Il regista stesso definisce l’Afghanistan come «un paese multietnico, con una straordinaria  quantità di minoranze spiegato molto bene da questi racconti, ma molto poco dalla stampa. Un paese che non è solo vittima dell’Occidente, ma anche dei suoi conflitti interni e dell’egemonia della maggioranza pashtun».

c Nunzia Castravelli