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Ara Guler, l’occhio di Istanbul a Roma

“Non faccio fotografie in condizioni di luce normale. O all’alba, al tramonto o al mattino presto. Inoltre voglio spiegare qualcosa in ogni frame. Ogni immagine deve avere un messaggio.” 

Il maestro Ara Güler ha definito le sue foto un pò romantiche proprio come lui.  Un uomo dalla profonda sensibilità artistica diventato uno dei maggiori fotografi turchi riconosciuto a livello internazionale.    Nominato tra i sette fotografi migliori al mondo dal British Journal of Photography Yearbook e insignito del prestigioso titolo di “Master of Leica”, nel corso della sua carriera è riuscito a raccontare Istanbul diventandone  “l’occhio”.  Era chiamato “The Eye of Istanbul”.   Il suo lavoro fotografico in bianco e nero è fortemente malinconico e rivela il profondo legame con la città in cui è cresciuto. Come lui stesso asserì, l’intento era raccontarla rendendo testimonianza “alla città che sta scomparendo, che sta per perire”. Perché Ara Güler sapeva che quella Istanbul non ci sarebbe più stata e bisognava farla vedere.

Fotografo della vita, in ogni suo scatto c’è sempre una persona, un essere vivente, un segno di vita che abbraccia l’immortalità grazie alla sua macchina fotografica.  Egli credeva che la fotografia dovesse fornire un ricordo delle persone, delle loro vite e soprattutto delle loro sofferenze. Se l’arte mente, la fotografia riflette solo la realtà. Per questo motivo divenne un  fotoreporter,  non attribuiva molto valore alla fotografia come ricerca artistica. La fotografia era per lui racconto, non arte.

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Il porto con i suoi pescatori, i ponti, gli operai e la povera gente dei vicoli e dei mercati sono i protagonisti della sua visione neorealista esposta al Museo di Roma in Trastevere  in una sezione di 45 immagini che viaggia parallelamente con una sezione riservata a 37 ritratti di personalità celebri della politica, del cinema e dell’arte dagli anni ’50 agli anni ’70. Un Winston Churchill con l’immancabile sigaro, Pablo Picasso e Chagall,  e poi tante stelle del cinema mondiale e italiano: da Sophia Loren a Gina Lollobrigida, Silvana Mangano, Antonella Lualdi, Federico Fellini, Bernardo Bertolucci.

Prima di arrivare a Roma l’esposizione ha fatto tappa alla Galleria Saatchi a Londra, alla Galleria Polka a Parigi, al Tempio di Tofukuji a Kyoto, nell’ambito del vertice del G-20, e alla Alexander Hamilton Custom House a New York in concomitanza con l’Assemblea Generale dell’ONU, prima di continuare il suo percorso a Mogadiscio.

http://www.museodiromaintrastevere.it/it/mostra-evento/ara-g-ler

 

Nunzia Castravelli

 

 

 

Inge Morath – La vita, la fotografia.

Inge Morath è stata la prima fotoreporter donna entrata a far parte dell’agenzia fotografica Magnum Photos.

Austriaca di origine era una donna curiosa ed instancabile. Una viaggiatrice poliglotta che nel corso della sua carriera ha realizzato meravigliosi reportage fotografici in giro per il mondo: Spagna, Medio Oriente, Stati Uniti, Russia e Cina.

Amica del fotografo Ernst Haas, realizzava testi per i suoi reportage. Fu Robert Capa in seguito ad inivitarla ad unirsi all’agenzia Magnum in qualità di redattrice e ricercatrice.

La collaborazione con Henry Cartier-Bresson, con cui istaurò un sodalizio decennale, ne segnò l’esistenza. Nel 1960, l’anno del ritratto di Rosanna Schiaffino, Inge accompagnò infatti Cartier-Bresson a Reno, per lavorare sul set de Gli Spostati, pellicola con Marilyn Monroe e Clarke Gable diretta da John Huston. Qui scattò uno dei suoi più bei ritratti: una Marilyn che in disparte prova dei passi di danza.
Sarà durante quell’esperienza che conobbe lo scrittore e drammaturgo Arthur Miller, sceneggiatore della pellicola, che diventera suo marito nel 1962.

Attraverso il suo obiettivo, riuscì ad immortalare grandi artisti – da Henri Moore, a Alberto Giacometti, Jean Arp, Pablo Picasso – e  scrittori come André Malraux, Doris Lessing, Philip Roth e celebrità come Igor Stravinskij, Yul Brynner, Audrey Hepburn, Marilyn Monroe, Pierre Cardin, Fidel Castro. Ma anche persone e situazioni comuni cogliendo l’intimità più profonda dei suoi soggetti.

Nella mostra a lei dedicata al  Museo in Trastevere, in prima assoluta in Italia, 140 fotografie divise in 12 sezioni e decine di documenti originali, ne raccontano tutto il percorso di vita e di fotografia, quest’ultima da lei definita come:

  “…un fenomeno strano.  Ti fidi dei tuoi occhi e non puoi fare a meno di mettere a nudo la tua anima”.

 

Nunzia Castravelli