Siamo in Italia alla fine degli Anni Trenta, alla soglia di un radicale cambiamento del rapporto uomo-donna, in una pensione un uomo di potere organizza una beffa ai danni di un ubriaco facendogli credere di essere un gran signore. Con la complicità di una compagnia di artisti di varietà viene messa in scena la commedia della lotta fra l’astuto Petruccio e la bisbetica Caterina. In un gioco di equivoci e sotterfugi la farsa che la trama shakespeariana suggerisce, assume i toni del varietà misto a kabarett tedesco, in un clima in cui la finzione sembra toccare punte di verità profonda. Oltre che esilarante rappresentazione di una guerra tra i sessi, il testo si presenta così come un occasione di riflessione sull’esperienza teatrale vissuta come specchio amplificante della vita, luogo di esplorazione dei suoi interrogativi nascosti, e si rivela metafora del rapporto fra l’artista e il potere, della reciproca fascinazione, della difficoltà di mantenere viva e libera la propria voce.